OGGI A VERONA CONTESTATE I MINISTRI di Mario Adinolfi

“Salvini si smarca sulla 194” titola il Corriere della Sera: “Non vuole essere danneggiato dalle polemiche”. La Meloni ha assicurato a Barbara D’Urso che l’aborto è un diritto e la 194 non si tocca. Massimo Gandolfini (solidarietà, l’operazione fatta da Repubblica-Radio Capital andando a intervistare sua figlia è vergognosa) dice netto: “L’aborto è omicidio”. Salvini dice che “l’aborto è una conquista sociale, nessuno vuole toccare una conquista sociale”.

Si fanno sparire in fretta e furia i feti-gadget di ProVita, applausi a scena aperta a Cruciani e Maglie (due libertari prochoice) e pure a Zaia che dice “l’omofobia è una patologia”. Bussetti arriva a Verona dicendo che non sposa “l’ideologia del congresso”.

Il congresso dal canto suo tenterà di compiacere i politici accontentandosi di qualche slogan e di un po’ di vaghe promesse. E invece dovrebbe fischiarli e contestarli. Se non lo farà, senza mettere loro pressione, tra tre mesi questo governo darà all’Italia la legge sull’eutanasia, dopo la triptorelina gratuita. E verrete qui a dire che il Popolo della Famiglia aveva ragione. Gridate prima che il danno venga fatto, questi politici non credono a nulla di ciò in cui credete voi, non firmate questa cambiale in bianco a gente senza principi, interessata solo ai vostri voti e non alle vostre idee. Vi stanno fregando, ridendo della vostra deferente subalternità.

Ora schiena dritta e uno scatto d’orgoglio: avete duecento giornalisti davanti, tirate ai ministri una mazzata nei denti e dite loro la verità. Che fino ad oggi per la famiglia Salvini e Fontana hanno fatto zero, niente totale, pur avendo tutte le leve del potere in mano. Che Salvini può fare l’imbonitore in tv, ma la verità è che i papà e le mamme con lui al governo pagano più tasse (a maggio vanno su addizionali comunali e regionali). Che di chiacchiere ideologiche non sapete che farvene, ora servono impegni politici concreti. Pure sulla vita, oltre che sulla famiglia. Non fateli passare indenni con inutili applausi a parole vuote.